martedì 28 novembre 2017

EDITORIALE 1 - Ai Balzi Rossi, una metafora

di
ENZO REGA



A metà degli anni Novanta un giorno mi trovai sulla spiaggia dei Balzi Rossi, in Liguria, al confine tra Italia e Francia: per la precisione, comune di Ventimiglia. Il nome viene infatti dal dialetto  ventimigliese Bàussi russi, ovvero "sassi rossi", che poi corrisponde al francese Baoussé-Roussé. Ovvio, in ossequio alla colorazione tipica della pietra del luogo. La spiaggia è ai piedi delle Grotte. Prendere il sole e fare il bagno con alle spalle non solo la storia, ma addirittura la preistoria, è esperienza anche letteraria. E letterariamente mi doveva colpire il nome del "sito", buono ora per un sito informatico. Allora però pensai che sarebbe stato bello chiamare così una rivista cartacea. C'era dietro la comparsa dell'homo sapiens, del quale faceva parte con sue peculiarità l'uomo di Grimaldi, come era stato chiamato il tipo umano cromagnonoide rinvenuto in quelle grotte. Poi c'era questo nome, che nell'italianizzazione suonava appunto balzi. I balzi stessi - evolutivi - della specie umana; i balzi di ciascun essere umano per inseguire aspirazioni e realizzare desideri umani, troppo umani. Poi, questi balzi sono rossi. Un'inaspettata coloritura politica. Sì: i balzi in avanti della specie umana dal punto di vista biologico; i balzi in avanti dell'individuo nella propria fatica quotidiana (ma anche piacere) e i balzi in avanti dell'umanità nel riscatto di tutti. Parole di un tempo, e perse, come quel colore. Il significato di quel colore.
All'estensore di queste note da ragazzo dava un senso di calore  quel colore, il vedere bandiere rosse sventolare al vento. Non nelle piazze e per le parate dei paesi dell'esperimento fallito (anche se pure in quelle occasioni si avvertiva il retrogusto di una speranza andata delusa nella disillusione incombente). Non in quelle, ma in queste piazze dove non aveva la loro vista il senso di una nuova oppressione feudale, ma quello della liberazione. Ecco, il tremito di quando le scorgi passare - e ti sembra trascorra la storia intera - dietro le figure di Totò e Ninetto in Uccellacci e uccellini. Eccomi, ancora quel giovane che per la seconda volta vede quella sequenza e sente un calore d'appartenenza - al popolo si diceva una volta; alla gente, tutt'al più, oggi (per la seconda volta, perché alla prima visione del film il giovane era solo un bambino che non sapeva di bandiere rosse).
In questo, i Balzi Rossi sono anche quell'incisione Equide, cioè d'un cavallo solcato da segni profondi in verticale. Il cavallo è, ancora e di nuovo, il balzo. Su quella pietra rossa. Ma il graffito è anche scrittura primordiale tra arte, conoscenza e magia propiziatoria: il piacere puro della rappresentazione, ma anche il possesso di una baluginante conoscenza  delle cose del mondo (un battezzarle visivamente per incorporarne immagine e concetto in attesa della parola che poi dicesse), e anche un segno che propiziasse eventualmente la cattura dell'animale - averlo davvero come lo si aveva lì, tra le mura che proteggono da un mondo sconosciuto e ostile. Ma anche primordiale lavagna con la quale l'adulto insegna al piccolo cos'è un cavallo. E poi quei segni verticali, segni sui segni. L'inizio di una trama verbale.
Di quel giorno sulla spiaggia non ricordo più nulla, nè ciò che venne dopo né ciò che era stato prima: è rimasta, attraversando circa un ventennio, l'idea di una cosa scritta a cui dare quel nome: I balzi rossi. Eccola, per quello che è.

©ENZO.REGA.IBALZIROSSI.IT

2 commenti:

  1. Bravo, Enzo. Le microimagini che non ci lasciano nel tempo sono semi cocciuti che prima o poi germinano
    sono eugenio lucrezi

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